Il truffatore da strapazzo.
Ci consta l’attività di uno “pseudo consulente” che assiste agenti di assicurazioni in giro per l’Italia. Presunte competenze, titoli di studio immaginari, pluralità di titoloni onorifici altrettanto fantasiosi, pseudo professionalità, supposta esperienza, approssimativa conoscenza dell’Accordo Nazionale, modi arroganti e soprattutto zero scrupoli. Giusto per riassumere le peculiarità del sedicente professionista.
Personaggi di tale levatura vanno inquadrati nell’ambito della più classica categoria dei “truffatori da strapazzo”. La storia vuole che il povero intermediario che incorre nella ragnatela del “consulente”, vada incontro ad un duplice risultato: da un lato il “disastro” nella gestione della pratica fino alla sua compromissione, dall’altro un esborso in termini di parcelle a dir poco spropositato.
Non è nostra abitudine parlar male di altri Professionisti, anzi. Tuttavia nel caso di specie non siamo al cospetto di un professionista, per cui riteniamo doveroso lanciare un monito specialmente alla luce degli ultimi eventi.
Capita infatti sempre più frequentemente che i poveri agenti che abbiano vissuto un’esperienza del genere, si rivolgano a noi o ad altri Professionisti, per porre rimedio. Cosa che ovviamente non sempre è possibile.
Vi raccontiamo l’ultima. Una Compagnia di assicurazioni recede ad nutum nei confronti di un piccolo agente per una (presunta) scarsa produttività del punto vendita. Un recesso con una motivazione del genere è senza dubbio destabilizzante e deprimente per chi lo subisce, ma di sicuro non è illegittimo e/o anticontrattuale.
Questa modalità di scioglimento del rapporto è prevista dall’art. 12, II comma, ANA 2003 e la Compagnia aveva comunque indicato una motivazione (giusta o sbagliata che fosse !) a supporto del recesso stesso. In questi casi, l’agente può solo far ricorso all’arbitrato irrituale di cui all’art. 12 bis ANA, al sol fine di smontare la motivazione e vedersi eventualmente riconosciuta la somma aggiuntiva nella sua massima quantificazione. Altro non può fare.
Diverso sarebbe stato qualora l’Impresa avesse invocato un recesso per giusta causa con tale motivazione, visto che la circostanza è specificatamente preclusa dall’art. 18, II comma, ANA. Ma in tutta sincerità è difficile che una Compagnia faccia un “autogol” del genere.
Ma veniamo al “pseudo consulente” che, dopo aver instaurato una sterile quanto inutile diatriba con l’ispettore incaricato alle riconsegne, ha consigliato al cliente di sottrarsi in quella fase al contraddittorio con la Compagnia. Il risultato? Ha erroneamente interpretato la norma dell’ANA confondendo la revoca, non ha suggerito all’agente di attivare l’arbitrato ex art. 12 bis e non ha ottenuto nell’immediato il tabulato delle provvigioni a maturare.
Il “truffatore da strapazzo” ha poi consegnato una sgrammaticata “relazione tecnica” (a quanto pare identica nei contenuti per tutti i poveri agenti assistiti, in una sorta di “copia/incolla”) con la quale non solo ha illuso l’agente circa la possibilità d’instaurare una causa civile per il risarcimento di fantasiosi danni, ma ha completamente errato la quantificazione delle indennità di fine rapporto spettanti al cliente, o meglio… alla vittima (!).
Ciò che risulta ancor più deleterio è il fatto che l’indispettita Compagnia, scaduti i termini, si sia ben guardata dal comunicare i conteggi delle indennità di fine rapporto, circostanza che renderà purtroppo necessaria una citazione in giudizio con tutte le più ovvie conseguenze in termini di tempo, di costi e di procedure da instaurare nel giudizio stesso.
Una “consulenza” erronea e deleteria che l’onesto agente non meritava affatto, visto che in fase di chiusura ha correttamente adempiuto agli obblighi di riconsegna, versando il saldo di cassa fino all’ultimo centesimo.
Un autentico “disastro” orchestrato da chi evidentemente ha approfittato del momento psicologico dell’intermediario, spillandogli (termine appropriato) non poco denaro. Diffidare.