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“Rivalsa portafoglio”: Giurisprudenza, arroganza Compagnie ed “istruzioni per l’uso”.

Si registrano sempre più spesso casi di rivalse ex art. 37 ANA che risultano del tutto incongrue rispetto al portafoglio originariamente affidato all’agente. Portafogli che, per effetto di disdette indiscriminate della stessa Compagnia, aumenti tariffari, assenza di scontistica e/o opera di concorrenza (leale) dell’agente precedente, non sono più in grado di garantire il proporzionale pagamento della rivalsa così come originariamente addebitata.

Quando ciò accade, la rivalsa si tramuta in un vero e proprio danno per l’agente che, con il passare del tempo, può assumere proporzioni ben più gravi. Pochissime Compagnie si sono interessate a questa problematica, prevedendo “slittamenti” della rivalsa e revisione della stessa ad un anno o più dall’affidamento del portafoglio, tutte le altre invece confermano la linea ottusa per la quale la rivalsa portafoglio rappresenta qualcosa di “intoccabile” in quanto considerata un presunto “rischio di impresa” a carico dell’agente (!?).

Al netto di situazioni estreme che vede qualche Compagnia operare delle vere e proprie truffe ai danni degli agenti giocando proprio sulla rivalsa portafoglio e su presunti debiti ad essa collegati, è bene ribadire che codesto Istituto non è un elemento immutabile del contratto di agenzia assicurativa. Ampia dottrina e Giurisprudenza convergono sulla necessaria sostenibilità e proporzionalità della rivalsa portafoglio.

Nel caso in cui doveste verificare l’insostenibilità della rivalsa in relazione al portafoglio affidato, è bene contestare per tempo la circostanza (magari a mezzo Pec) invitando la mandante a rivedere il relativo piano di ammortamento. Qualora la Compagnia vi dovesse rispondere con il più classico “non ce ne frega niente, la rivalsa va pagata punto e basta !!”, potreste ricorrere ad un “estremo cautelativo” che consiste nel comunicare alla mandante la sospensione dei pagamenti delle rate di rivalsa. Una sospensione cautelativa insomma almeno fino a quando la rivalsa non viene rivista o, se necessario, addirittura annullata completamente.

Le puerili minacce di revoca per giusta causa dei top manager delle Compagnie, o presunti tali, non vi devono spaventare.

Una volta contestata la rivalsa che rientra a pieno titolo tra le così dette PNA (Partite Non Assicurative), la sospensione dei pagamenti di un presunto debito in contestazione non può mai determinare il recesso in tronco (giusta causa) del rapporto di agenzia.

In questo senso si è espressa la Giurisprudenza di merito (Cass. Sez. Lav. 10 agosto 2005 n. 16831) che, stante il meccanismo di autoliquidazione previsto sia dai mandati individuali che dalle fonti collettive, ha avuto modo di precisare che “una contrapposizione tra partite di dare avere non fonda per certo le ragioni di un recesso in tronco, atteso che la perdita di fiducia è sempre un concetto ancorato ad una situazione di fatto in cui una sola delle parti subisce uno svantaggio in conseguenza del mancato rispetto da parte dell’altra, in malafede, di fondamentali norme di governo della relazione. L’opinabilità di un credito non asseconda evenienze di questo tipo…”.

Sempre nei casi più estremi, qualora l’alterato e risentito “top manager” di turno dovesse adottare un provvedimento di revoca per giusta causa fondandolo sulla sospensione del pagamento della rivalsa, in futuro avreste la possibilità nelle competenti sedi di ottenere risarcimenti danni per svariate centinaia di migliaia di euro (in proporzione al portafoglio gestito ed al conseguente danno arrecato !).

In questo momento state pensando: “E’ facile parlare !!”. Non è vero? .

Tranquilli, stiamo disquisendo di pura accademia, un esercizio teorico insomma, siamo ben consapevoli che in linea di massima non ci sono agenti così arditi da sospendere il pagamento della rivalsa. Ma se vogliamo, sempre in linea di massima, non ci sarebbero neanche “top manager” così inadeguati ed incompetenti che possano decidere di revocare per giusta causa sulla base di questa eventuale decisione dell’agente. Ma tant’è, tutto è possibile, i mix di ottusità ed arroganza in coloro i quali si sentono “trop manager”, non sono infrequenti.

Il rischio che corre in questi casi il “top manager” dalla revoca per giusta causa di “pancia” è quello di essere mandato a casa qualora arrechi un danno alla Compagnia sia in termini economici che di immagine. Se poi nella Compagnia di turno c’è la necessità di sfoltire, non ne parliamo proprio: i manager vengono accompagnati alla porta in un niente, al massimo regalan loro un mazzolin di fiori fatto di margherite e gelsomini.

Gli agenti, specialmente quelli bravi, continuano a lavorare portandosi via il portafoglio, i manager se ne vanno a casa…e basta.